2014 – Argentina: tra “Buitres” e Sindacati

2014 – Argentina: tra “Buitres” e Sindacati

Buenos Aires. Retiro: stazione autobus lunga distanza. Foto: Prospero Sapone

Publicado en blog «Italiani» el 03 de septiembre de 2014

BUENOS AIRES- Non si può definire un grande successo il risultato dello sciopero generale (il secondo dell’anno) indetto da due tra i sindacati più agguerriti contro il governo di Cristina Kirchner: quello dei camionisti, che raccoglie diversi rami dei trasporti e quello che riunisce gli addetti alla ristorazione.

S’è notato, non è a dire, ma meno dell’altra volta.
In città bar, ristoranti e altri negozi sono stati aperti in gran parte e la circolazione dei mezzi pubblici è parsa certamente alterata, ma senza nessuna sensazione di “serrata”. Per la precisione, nei trasporti è stata una questione di orario: nelle prime e nelle ultime ore del giorno –all’alba e all’imbrunire– il traffico è stato meno regolare, ma nel pieno della giornata –quando nessuno temeva, cioè, imboscate e rappresaglie, visto l’attivo picchettaggio– l’andirivieni dei mezzi pubblici è stato presso che normale.
Le valutazioni sono un’altra cosa, poi, dal punto di vista dei diretti responsabili. La gente del governo ha tagliato corto: sciopero politico a cura di ambiziosi dirigenti senza alcuna preoccupazione “per il momento che vive il Paese”.
L’arcinoto ritornello, insomma. I sindacalisti, invece, hanno fatto altri conti e illustrato risultati diversi: trovano alta la percentuale di gente che, non potendo arrivare in orario, ha disertato il posto di lavoro e ripetono in aggiunta la caterva di motivazioni che hanno spinto alla misura di forza.
Un aspetto che non è sfuggito (anche perché si è trattato di un fenomeno ormai non nuovo) è stato quello del picchettaggio ad opera di gruppi scopertamente non legati alle organizzazioni sindacali interessate. Da tempo giornali e passanti definiscono questi gruppi (ci sono anche qui!) come “Sinistra irregolare” che opera quasi sempre con bastoni e a volto coperto. Irregolari, “gente violenta”, che nessuno vota alle elezioni, piccoli gruppi di supposti rivoluzionari: queste le definizioni. Sta di fatto che queste squadre hanno funzionato all’ora giusta e nei crocevia determinanti, non lasciando passare gli autobus, provocando scontri e intimorendo. I Sindacati ovviamente non li conoscono. Il governo li trova tout court funzionali ai sindacati e –con i sindacati– funzionali ai “buitres”, agli avvoltoi finanziari antiargentini, cioè, con i quali il governo ha la vertenza che sappiamo, che non accenna a risolversi e che, anzi, pare si ingarbugli sempre più…
Queste le dichiarazioni, questo il clima, questo l’ambiente. Ma certamente dietro tutto ciò, che sembra di facciata, andrebbero analizzate motivazioni e più precisi connotati politici, sociali ed economici della situazione reale. E la realtà innegabile è che soffia sempre più forte il vento dell’inflazione (trentacinque per cento l’anno?), mentre tutto l’impianto dell’economia, dopo anni di bonanza –se non traballa– pare perdere in modo crescente equilibrio: con la caduta dei consumi è in crisi il vanto maggiore di questo governo, con le difficoltà insorte in Brasile si restringe il commercio, si assottigliano le riserve, si accentua la crisi cambiaria con oscillazioni sempre più marcate. Tal che nelle industrie cominciano a fioccare qua e là le sospensioni di lavoratori.
Il governo appare impegnatissimo sul fronte esterno dopo la sentenza del giudice americano che non incoraggia certo l’arrivo di investimenti. E non va dimenticato che trattasi di governo al tramonto: fra un anno bisognerà andare alle urne per scegliere un nuovo presidente, il che –in tutti i tempi e sotto tutti i cieli– frena, non incoraggia le iniziative.
Dal canto loro, i sindacati –tutti appartenenti al “tronco peronista”– sono divisi, non in grado di un’azione seria e compatta ed è facile scoprirli impegnati nel leggere le stelle sul futuro politico, più o meno a fianco dell’opposizione e della crescente ciurma di “presidenziabili”, che va occupando sempre più la scene politica.
Tempi oggettivamente complessi, quindi, no?

BUENOS AIRES- Non si può definire un grande successo il risultato dello sciopero generale (il secondo dell’anno) indetto da due tra i sindacati più agguerriti contro il governo di Cristina Kirchner: quello dei camionisti, che raccoglie diversi rami dei trasporti e quello che riunisce gli addetti alla ristorazione.

S’è notato, non è a dire, ma meno dell’altra volta.
In città bar, ristoranti e altri negozi sono stati aperti in gran parte e la circolazione dei mezzi pubblici è parsa certamente alterata, ma senza nessuna sensazione di “serrata”. Per la precisione, nei trasporti è stata una questione di orario: nelle prime e nelle ultime ore del giorno –all’alba e all’imbrunire– il traffico è stato meno regolare, ma nel pieno della giornata –quando nessuno temeva, cioè, imboscate e rappresaglie, visto l’attivo picchettaggio– l’andirivieni dei mezzi pubblici è stato presso che normale.
Le valutazioni sono un’altra cosa, poi, dal punto di vista dei diretti responsabili. La gente del governo ha tagliato corto: sciopero politico a cura di ambiziosi dirigenti senza alcuna preoccupazione “per il momento che vive il Paese”.
L’arcinoto ritornello, insomma. I sindacalisti, invece, hanno fatto altri conti e illustrato risultati diversi: trovano alta la percentuale di gente che, non potendo arrivare in orario, ha disertato il posto di lavoro e ripetono in aggiunta la caterva di motivazioni che hanno spinto alla misura di forza.
Un aspetto che non è sfuggito (anche perché si è trattato di un fenomeno ormai non nuovo) è stato quello del picchettaggio ad opera di gruppi scopertamente non legati alle organizzazioni sindacali interessate. Da tempo giornali e passanti definiscono questi gruppi (ci sono anche qui!) come “Sinistra irregolare” che opera quasi sempre con bastoni e a volto coperto. Irregolari, “gente violenta”, che nessuno vota alle elezioni, piccoli gruppi di supposti rivoluzionari: queste le definizioni. Sta di fatto che queste squadre hanno funzionato all’ora giusta e nei crocevia determinanti, non lasciando passare gli autobus, provocando scontri e intimorendo. I Sindacati ovviamente non li conoscono. Il governo li trova tout court funzionali ai sindacati e –con i sindacati– funzionali ai “buitres”, agli avvoltoi finanziari antiargentini, cioè, con i quali il governo ha la vertenza che sappiamo, che non accenna a risolversi e che, anzi, pare si ingarbugli sempre più…
Queste le dichiarazioni, questo il clima, questo l’ambiente. Ma certamente dietro tutto ciò, che sembra di facciata, andrebbero analizzate motivazioni e più precisi connotati politici, sociali ed economici della situazione reale. E la realtà innegabile è che soffia sempre più forte il vento dell’inflazione (trentacinque per cento l’anno?), mentre tutto l’impianto dell’economia, dopo anni di bonanza –se non traballa– pare perdere in modo crescente equilibrio: con la caduta dei consumi è in crisi il vanto maggiore di questo governo, con le difficoltà insorte in Brasile si restringe il commercio, si assottigliano le riserve, si accentua la crisi cambiaria con oscillazioni sempre più marcate. Tal che nelle industrie cominciano a fioccare qua e là le sospensioni di lavoratori.
Il governo appare impegnatissimo sul fronte esterno dopo la sentenza del giudice americano che non incoraggia certo l’arrivo di investimenti. E non va dimenticato che trattasi di governo al tramonto: fra un anno bisognerà andare alle urne per scegliere un nuovo presidente, il che –in tutti i tempi e sotto tutti i cieli– frena, non incoraggia le iniziative.
Dal canto loro, i sindacati –tutti appartenenti al “tronco peronista”– sono divisi, non in grado di un’azione seria e compatta ed è facile scoprirli impegnati nel leggere le stelle sul futuro politico, più o meno a fianco dell’opposizione e della crescente ciurma di “presidenziabili”, che va occupando sempre più la scene politica.
Tempi oggettivamente complessi, quindi, no?

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