Papa Bergoglio (per Livio Zanotti)

Papa Bergoglio (per Livio Zanotti)

Papa Bergoglio, s.j.

Francesco I, italiano d’ Argentina, primo papa gesuita nella storia della cattolicità, continua a sorprendere. A far scandalo, diremmo evangelicamente. E’ notizia ovunque. L’ informazione ne amplifica ogni gesto.

    

Senza giri di parole (dice, evitando ogni affettazione “casino”, despelote. . . e lo fa pubblicare da Civiltà Cattolica, la prestigiosissima rivista della Compagnia, tempio del pensiero gesuita) e senza enfasi parla di povertà e dignità, dei diritti degli esclusi, dell’ imprescindibile necessità di aprirci tutti al dialogo più sereno per aggirare l’ ostacolo altrimenti insuperabile delle molteplici diversità presenti tra noi. E pratica quello che predica. Così che i consensi riempiono all’ inverosimile le piazze in cui si presenta.Nondimeno si percepiscono anche perplessità e sospettosi silenzi. Dentro e fuori le mura di cinta vaticane, alcuni preferirebbero maggiore discrezione, almeno qualche cautela. Dimenticando (o preferendo dimenticare) che questo Papa chiamato a restaurare la Chiesa di Roma gravemente lesionata, è gesuita e nella storia della Compagnia, dallo stesso fondatore, Iñigo di Loyola, che se ne va a Parigi inseguito dal sospetto di illuminismo, al suo compagno Pietro Favre, e via nei secoli fino a Pedro Arrupe, al cardinal Martini, non mancano esempi altissimi di profonda compromissione con il mondo: sempre “ad majorem Dei gloriam”.

 

C’ è molto della migliore cultura italiana nel pensiero di Francesco. Il ricordo sempre presente della nonna Rosa, paradigmatica dei milioni d’ italiani che hanno dissodato e modernizzato l’ Argentina. I loro talenti e sentimenti che continuano ad arricchire il paese intero. Tra le sierras di Cordoba egli sembra aver ritrovato quel senso di austera semplicità, di rigore accompagnato da autentica comprensione per l’ altro che si respira nelle alte valli piemontesi dei suoi avi. Un ambito umano che s’ avverte appunto nel linguaggio diretto, colloquiale e di nuovo lo avvicina all’ esperienza del Fondatore, che ispirato dalla spiritualità di Erasmo da Rotterdam coltivò il proprio misticismo tra i monti della natìa Guipozcoa per passare poi alla grande città.

Tra l’ agitato cosmopolitismo della Parigi di cinquecento anni fa e i tumultuosi sommovimenti dei nostri giorni, tra la conquista dell’ America e quella della Globalizzazione, non mancano le analogie. Allora come adesso s’ era di fronte a un traumatico cambiamento d’ epoca. Con una differenza che certo non sfugge a nessuno e men che meno al Papa: allora l’ Occidente (spesso anticipato dall’ audacia della Compagnia di Gesù) si espandeva arditamente nel mondo ampliandone di continuo le frontiere, oggi –in misura crescente- ne è invece limitato dalla possente rinascita dell’ Oriente.

La figura del Papa servus jesus contraddice platealmente l’ antica immagine pur installata nell’ immaginario collettivo, del gesuita sapiente, spregiudicato e intrigante che per secoli sussurra la sua verità all’ orecchio dei potenti, restandone dietro le spalle. Disposto a mimetizzarsi in qualsiasi realtà pur di arrivare a farla propria: africano tra gli africani, giapponese tra i giapponesi. . . Pur arrivando a Roma dalle terre delle mitiche misiones che difesero gli indios americani dall’ inaudita violenza depredatrice dei conquistadores, neppure rievoca quei suoi correligionari eroici e combattenti.

Egli ha deposto la spada, rinuncia anche a innalzare la croce che mantiene ferma sul proprio cuore e avanza sulla sua stessa chiesa e nel mondo per affrontarne i peggiori malanni, corruzione e sconcerto, con parole miti ma fulminanti. Confida nel “discernimento”, di cui la discussione deve essere solo un momento utile a distinguere il grano dal loglio. Non vuole vincere, preferisce convincere; ma neppure ciò è imprescindibile, a importare davvero è la buona convivenza, meglio ancora la condivisione.

Confessa di essere “un pò furbetto” con una franchezza disarmante. Si dichiara “un peccatore”, uno dei tanti, che condivide i peccati di tutti, per ricordare che nessuno deve scagliare la prima pietra. Chiede ammenda per un ormai trascorso autoritarismo che è un pò del carattere e un pò della mancanza di esperienza. La sua fede è buona fede, la sua speranza è nel giusto cammino prima ancora che nell’ arrivo, in questo la sua carità. Auspica e lavora per una “Chiesa come ospedale da campo” d’ un mondo disastrato.

La leggenda nera che quasi dal loro nascere accompagna i gesuiti, sebbene non priva di pagine terribili che vengono dalla storia riconosciuta, appartiene a quel genere che riemerge dai secoli bui ogni volta che i tempi si fanno oscuri e fa comodo avere a portata di mano dei capri espiatori. Stavolta, invece, la Compagnia di Gesù irrompe sulla scena della nostra quotidianità e del mondo con il volto sereno, lo sguardo cordialmente ironico e il sorriso rassicurante di Francesco, un italiano di Argentina consacrato all’ universalità dal soglio di Pietro e che vuol restare un nostro semplice compagno di viaggio.

Livio Zanotti

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